La "MEMORIA" secondo Bobbio
Lunedì 27 Marzo 2017 08:11

La_casa_dello_studente.jpg

La Casa dello studente a L'Aquila

La “memoria” secondo Norberto Bobbio

Vi sono due forme diverse della memoria: quella interiore e quella esterna. La memoria esterna, che si manifesta nelle cerimonie ufficiali, nei discorsi commemorativi, nelle lapidi, nei monumenti, nei libri di storia, nelle testimonianze dei protagonisti, nella riproduzione di immagini dell’evento, ha senso soltanto se serve a mantener viva la memoria interiore. La può sollecitare, ma non la sostituisce.

L’una è la memoria morta, l’altra la memoria viva. In un cimitero osserviamo una madre inginocchiata di fronte alla bara del figlio. La tomba è la memoria esterna; la madre, che ha posato su di essa un mazzo di fiori e prega, rappresenta la memoria interiore. La lapide è, di per se stessa, muta. Quando noi stessi ci soffermiamo per caso di fronte a una tomba, perché ci colpiscono le due date di nascita e di morte e il volto del ragazzo sorridente che la sovrasta e ci vien fatto di riflettere anche per un breve momento su quel destino crudele, compiamo un atto di memoria interiore. E’ bastato quell’attimo per suscitare una, pur fuggevole, emozione. E in quell’attimo il ragazzo morto rivive in me. Ricordando o anche soltanto immaginando la vita di una persona pur morta da tempo, facciamo rivivere, e le impediamo di ricadere, anche solo per un attimo, nel nulla. Siamo qui, in questa città, anzitutto per ricordare, per fare rivivere dentro di noi quei morti e, trattenendoli ancora una volta con noi, non lasciarli sparire nel nulla. Anche noi riuniti in questa sala, dovremmo essere capaci di dire quello che in una commovente testimonianza ha detto la madre: << Per me è ancora presente. E quando parlo con lei me la trascino dietro>>. Vorremmo essere capaci anche noi , tutti noi, di trascinarci dietro quei morti. Non dovremmo dire mai, come si legge in un’altra testimonianza: << Ma come, sono passati tanti anni>>. Sono passati tanti anni, è vero, ma per i familiari delle vittime sono nulla. Dobbiamo poter dire: << Anche per noi sono nulla>>. Ma la morte può essere collettiva come quella di cui si parla quando si rievoca una strage? No, nella memoria interiore la morte è sempre individuale. Diciamo per convenzione: una decina, un centinaio di morti: Ma ogni morte è diversa dall’altra, come del resto ogni nascita. Ciascuno muore come singolo e solo, con gli affetti che lo hanno nutrito, con le fantasie che lo hanno aaiutato a vivere, con gli incubi che lo hanno tormentato, con i suoi vizi e le sue virtù, con le sue abitudini, il suo modo di parlare, di ridere, di soffrire. La memoria esterna li accomuna, la memoria interna soltanto è capace di restituire a ciascuno la propria vita e quindi anche la propria morte: Rievocando a una a una quelle vittime, e non tutte insieme, la strage appare ancora più orrenda. Dietro ogni vita stroncata c’era un universo di affetti e di progetti che è stato irrimediabilmente distrutto. Il momento della commozione nella rimembranza non esclude, anzi richiede, il momento della riflessione. Dice un testimone: << Quello che fa più male è che la gente non riesce a rendersi conto che non è un problema tuo, di sofferenza privata: è una strage, un delitto e va collegata ad altri episodi analoghi>>. Già di per se stessa una testimonianza come questa è un invito alla riflessione. E’ naturale che il ricordo venga prima. E’ naturale che il ricordo segua la riflessione. Guai agli immemori. Saranno non soltanto incapaci di ricordare, ma anche di capire. La riflessione, del resto, è l’unico modo per evitare la falsificazione o l’inquinamento della memoria, che si insinua inconsapevolmente o può essere intenzionalmente prodotto nelle nostra mente.

Scritto da Norberto Bobbio   
Stampa